Perchè continuare il nostro 'Racconto futuro'?
Ecco, sì, è proprio questo il punto.
Abbiamo cominciato con In Punta di Vibram e sono già passati quasi otto anni.
Sappiamo e ci ricordiamo tutto di quella storia nata da un “pensiero d’amore” per la Scuola Militare Alpina di Aosta.
Una storia importante, che è cresciuta, che ha assunto diverse forme e fisionomie: che ci ha accompagnato sino ad oggi, senza mai farci stare con le mani in mano.
Che fortuna abbiamo avuto.
Tramite suo abbiamo scoperto cose che erano dentro di noi e che noi stessi non conoscevamo appieno: abbiamo anche incontrato (o incontrato di nuovo) amici che, forse, sarebbero stati irrimediabilmente persi, per sempre.
L’incontro con Franco De Toma è avvenuto proprio in occasione della presentazione di IPDV a Varese; qualche tempo dopo egli ci parlò di quanto lui ed altri amici smalpini stessero facendo in una zona sperduta dell’Africa: a Kitanga, in Uganda.
Una cosa bella e grande e che meritava, a pieno titolo, uno spazio, una vetrina nel sito di In Punta di Vibram.
Le pagine che spiegano e descrivono nel nostro sito web il loro “Racconto Futuro” sono tutte scritte da Franco: costruite con l’aiuto di Carlo Fanti giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno.
E’ davvero un “racconto” che vale la pena di continuare, proprio adesso che Franco ci ha indicato cosa fare e come farlo.
In una delle ultime mail che De Toma mi inviò, documentando un fitto scambio di corrispondenza con Filippo Rissotto e il Guanda, viene rivelata tutta la lucidità, la precisione e la generosità che hanno animato – fino all’ultimo suo giorno – l’impegno per Kitanga.
Credo proprio che, nonostante la sua abituale ritrosia ad apparire come protagonista, adesso sia proprio il momento di far condividere a tutto il nostro gruppo la sua esperienza ed il suo impegno.
Paolo Zanzi
DA: Francesco De Toma
A: Paolo Zanzi
OGGETTO: Il Racconto Futuro e l'insostenibile leggerezza dell'essere
Caro Paolo,
ti inoltro questo scambio di mail con Filippo in via riservata, perché non sarei dell’idea di metterlo in lista. Mi interesserebbe il tuo parere anche perché non so se ho centrato il suo pensiero.
Ciao, Franco
Mercoledì 16 febbraio 2011
DA: Filippo Rissotto
A: Francesco
OGGETTO: Il Racconto Futuro e l'insostenibile leggerezza dell'essere
Caro Francesco,
a te e a tutti i protagonisti dell'iniziativa (io mi considero una comparsa, magari poco più) giungano le mie più appassionate congratulazioni: state facendo una cosa grande. Talmente grande che mi porta a ragionare in termini di massimi sistemi (hai letto i miei romanzi, sai che prima o poi "ci casco").
Perdonami (perdonatemi tutti): hai ragione, siamo Alpini, conta più che altro il "fare", poco il "dire". Gli Alpini ottengono risultati, proprio perché non stanno tanto ad interrogarsi sui significati profondi: vedono che c'è bisogno di una mano, vedono che si può fare, lo fanno.
Però, per l'amicizia che ci unisce, ti prego di dedicarmi (tu, o chiunque altro dei “Trentacinquini” vorrà rispondermi) pochi minuti del tuo tempo, allo scopo di farmi capire "quanto" è grande.
Insomma, da tempo io mi domando: l'iniziativa degli "Ugandalini" costituisce l'unica strada veramente giusta? No, capiamoci: che sia giusta pare innegabile a chiunque. Vorrei capire se è l'unica giusta, l'unica percorribile. Da un po' di tempo ho il sospetto che sia veramente così.
Di certo - non c'è bisogno di studi approfonditi - la strada da voi intrapresa è migliore dei finanziamenti di Stato (quelli che per lo più, almeno in passato, andavano a finire in carri armati, o in strade, il cui scopo principale era quello di essere percorse più rapidamente dai carri armati).
Di certo (qui ho qualche esperienza personale, che comunque è anche alla portata di tutti) è migliore dei "carrozzoni" ingombranti, nei quali - per ogni 100 che vengono raccolti – si mormora (ma neanche tanto sommessamente, e non mancano casi eclatanti) che 50 vadano il logistica, 30 dispersi, 15 per ottenere "lasciapassare", e 5 al vero scopo…
Sai cosa mi spaventa però? Mi spaventa la fragilità intrinseca del contesto. Voglio dire: cosa impedisce, a una delle tante squadre della morte che girano per gli Stati africani, di distruggere in un secondo il lavoro di anni, le vite che avete salvato, le strutture che avete donato, gli strumenti di emancipazione che - in quel contesto - sono tanto preziosi (per il futuro dei "vostri" ragazzi), quanto pericolosi per chi (e sono in tanti, e sono potenti) ha l'interesse che l'Africa resti un unico, immenso inferno?
Ecco, vedi, la mia speranza è che i tanti assassini che circolano da quelle parti, abbiano valutato il vostro lavoro come un lavoro veramente utile per l'Africa e gli Africani, senza secondi fini (di lucro, di potere, di acquisizione mercati). E abbiano deciso (persino loro, che sono assassini!) che va rispettato. E' possibile?
Vedi, quando parlo di "insostenibile leggerezza dell'essere", citando il titolo di un famoso romanzo, voglio proprio parlare della "leggerezza" della vostra iniziativa: "leggera" in senso positivo, in quanto non usa tanti strombazzamenti (TV di stato, grandi e costosi testimonial, etc.: apparati - appunto - "pesanti"); "leggera" in quanto non comporta effetti collaterali indesiderati (pensiamo alla tanto strombazzata "esportazione della democrazia", nella quale credo poco o niente, soprattutto se è un'esportazione accompagnata da carri armati e mitragliatrici). Ma anche, temo, "leggera" in quanto fragile.
Converrai con me che costruire, creare è una cosa dura, lenta e faticosa; mentre distruggere è roba di un attimo.
Va bene, mi fermo qui; ho già parlato fin troppo ad una persona che è solita "fare", e non voglio farle perdere troppo tempo.
L'unica considerazione che mi sento di aggiungere in chiusura è che, se tu (voi) riuscissi a convincermi che il contesto in cui va avanti la vostra (un po' anche "nostra") iniziativa non è così fragile come temo, allora la mia adesione sarebbe ancor più entusiastica di quanto lo sia ora, e quindi - forse - parlandone e divulgandola in giro, potrei essere più convincente di quanto non lo sia stato fino ad oggi.
Con affetto e tanta stima
Filippo
PS.: ho scritto a te e non alla lista, perché non vorrei mai che qualcuno, sbagliando, potesse leggere queste mie parole come una critica al vostro operato: non ne ho nessuna intenzione: in questo panorama generale di degradazione e di male trionfante, io vi considero una scintilla di Luce.
Ma se tu decidi di rendere "pubblico" il dibattito, nessun problema da parte mia.
Mercoledì 16 febbraio 2011
DA: Francesco
A: Filippo
OGGETTO: R: Il Racconto Futuro e l'insostenibile leggerezza dell'essere
caro Filippo,
non ci provo a rispondere alla tua mail con altrettanta profondità di analisi, perché non ne ho la capacità. Vedo di risponderti separatamente su alcuni singoli punti, estendendo questa risposta anche al Guanda che più di me conosce l’Uganda.
Relativamente a "unica e giusta" tralascio di aggiungere risposte a quelle che ti sei dato, e che condivido, nel formulare il quesito: è senza dubbio la più efficiente, il cento raccolto viene trasferito e interamente investito. Limitazione: perché in un area così ristretta e non più ampia? Risposta: perché più di tanto non possiamo pensare di fare, e non vogliamo fare politica.
Passo alla domanda “fragilita' intrinseca del contesto”.
I media, salvo qualche documentario, si soffermano sull'Africa in occasione dei fatti più eclatanti. Io in Uganda ci sono stato 4 volte (purtroppo un brusco calo della mi salute mi impedisce di ritornarci) ed essendo rimasto a sud del Nilo, ho avuto la percezione di una nazione tranquilla.
Per quanto ho appreso, le zone calde e a rischio si trovano al Nord: in particolare in Karamoggia, che è al confine con il Sudan.
Noi ci troviamo all'estremo sud, a 1950 mt sul livello del mare ed a 20 km dal Rwanda che, dopo le tragedie di vent’anni fa, si trova ora ad attraversare un periodo di esemplare calma.
Il villaggio che stiamo costruendo è a una cinquantina di km da Kabale, capoluogo del distretto.
Ulteriore punto di forza è la figura del padre sacerdote locale, Gaetano Batanyenda, persona di massima onestà e con notevole ascendente sui 70/75 mila locali.
Anche se in teoria non posso escludere i timori che manifesti, in pratica non li ho mai colti.
Passando al tuo accenno iniziale: non ci sono comparse, ma siamo tutti protagonisti e questo è lo spirito che fin dall'inizio sostengo e sto sostenendo anche presso i “35ini”.
Stando a quanto mi riferisce il tecnico, ora rientrato da Kitanga, ed a quanto mi dirà Massimo al rientro della sua prossima trasferta di fine maggio, i locali stanno assimilando con i loro tempi e con grande convinzione il concetto che noi stiamo terminando di dar loro gli strumenti, che da domani gestiranno in proprio – sia per sostenersi autonomamente che per eventuali progressi.
Ti allego la foto di come era il non villaggio allora e, anche se ti dovrebbe essere pervenuta con la mail precede, di come è ora. Il confronto ti dà la ragione di tanto entusiasmo nel portare avanti un progetto destinato a durare nel tempo.
Un abbraccio
Franco
Uganda ieri...
...e oggi.
Giovedì 17 febbraio 2011
DA: Filippo
A: Francesco
OGGETTO: R: Il Racconto Futuro e l'insostenibile leggerezza dell'essere
Caro Francesco,
sei stato esaustivo e profondo.
Hai ragione: chi non è mai stato lì, vive troppo condizionato dalle (belinate) che dicono i media. Sarebbe un po' come se noi relegassimo i figli in casa perché in televisione "se ne sentono raccontare tante" su maniaci, droga e compagnia bella. Certo è che il vostro villaggio, con la sua posizione decentrata e in quota, ha buone probabilità di vivere per sempre in pace.
Sono perfettamente d'accordo anche riguardo all'area d'intervento "ristretta". In ogni modo, quello che avete piantato voi è un "seme": forse la cosa più bella e più saggia che si poteva fare.
Ti ringrazio caldamente per le tue risposte e per la prontezza con cui sono arrivate.
Abbracci a te e a tutti i "ragazzi", siete un esempio per tutti (e anche questa non è mica una cosa da poco...).
Filippo
Giovedì 17 febbraio 2011
DA: Massimo
A: Filippo, Francesco
OGGETTO: R: Il Racconto Futuro e l'insostenibile leggerezza dell'essere
Cari Filippo e Franco,
permettetemi di intrufolarmi.
Ho molto apprezzato l’intervento di Filippo che dimostra, oltretutto, che il “nostro argomento Uganda “ interessa a chi è dotato di sensibilità. Sottoscrivo quanto dice Franco in merito ai rischi di devastazioni delinquenziali come paventa Filippo. Anche se sull’Africa non si possono mai fare affermazioni “definitive”, confermo che nell’Uganda del Sud la situazione è ed è stata sempre abbastanza tranquilla. C’è invero una garitta, nella Missione di Kitanga, per ospitare due guardiani a 12 ore di servizio ognuno (con il buon salario di un $ a giornata) armati di kalashnikoff ed il comprensorio della Nursery è completamente recintato.
Questo perché anche in quelle zone spesso scompaiono dei bambini per delitti sacrificali. Incredibile ma, sembra, vero. Fortunatamente avvenimenti di questo tipo a Kitanga , da quando ci siamo noi, non si sono mai verificati. Per mia esperienza questo è l’unico vero pericolo che corre quella popolazione, i bimbi.
Anche io, il più vecchio degli “ugandesi”, sono molto soddisfatto di quanto, tutti assieme, siamo riusciti a realizzare. E speriamo che Kitanga diventi un esempio, anche se piccolissimo, di come un villaggio africano si possa affrancare da sete, fame, malattie, analfabetismo.
Padre Gaetano ci offre tutte le garanzie necessarie per tentare di realizzare questo sogno, che riguarda particolarmente i bambini. Il Missionario è uomo di valore non solo morale, ed ha un grande ascendente sulla popolazione che, senza tradire la sua cultura, deve per forza adattarsi a nuovi stili di vita e di lavoro.
La mia grande preoccupazione è: cosa succederà quando il Missionario “andrà avanti”? Ho la speranza che sia longevo come sua madre, morta centenaria, ma per ora non ho visto chi possa sostituirlo degnamente. Nella conduzione dell’ “azienda Kitanga” subentrerà la Diocesi cattolica della vicina città di Kabale ed il Vescovo (entusiasta della nuova situazione) ci ha garantito che anche il “dopo - Padre Gaetano” sarà ottimo e nulla andrà perso di quanto realizzato, anche per ciò che attiene le attività scolastiche, sanitarie, di lavoro. Di Padre Gaetano mi fido ciecamente ma del Vescovo…
D’altra parte cerco di non pensarci. Non servirebbe.
Un abbraccio Alpino
Massimo Guanda33
Mercoledì 23 febbraio 2011
DA: Filippo
A: Massimo, Francesco
OGGETTO: R: Il Racconto Futuro e l'insostenibile leggerezza dell'essere
Caro Guanda, leggo solo adesso il tuo messaggio: una serie di traversie... "dentarie" mi ha tenuto lontano dal computer.
Ringrazio te, come ho già ringraziato Francesco. Le vostre parole mi confortano e mi spronano ad impegnarmi ancor più.
Ma mi fanno anche capire quanto importante sia ciò che state facendo. Cioé, in realtà già lo sapevo, ma vederlo affermare anche da voi, che queste cose le vivete sul campo e in prima persona, me le rende ancora più... come dire, "reali", tangibili.
Voglio dire: la vostra Opera è importante anche a prescindere dal bene contingente che state facendo, dalle singole vite che state salvando, dai singoli uomini che state emancipando. Lo so, voi siete uomini d'azione, immagino che siate molto concentrati su ogni piccolo successo che ottenete: è giusto che sia così e non potrebbe essere altrimenti.
Io invece, purtroppo, mi trovo in una situazione diversa: da più di dieci anni sono alla disperata ricerca di Dio; non l'ho ancora trovato e forse proprio per questo mi riduco a cercare l'esistenza di leggi superiori, di Qualcosa che regoli in qualche modo le cose di questo mondo. Gli esiti di questa mia ricerca non sono confortanti: l'orrore (puro orrore!) di un mondo senza senso, viene superato solo dalla constatazione quasi quotidiana che per lo più il Male impera. Nel mio ultimo libro ho citato De Andrè, perché mi trovo in profondo accordo con le sue parole: "a montare l'asino è rimasto Dio, il diavolo è in cielo e ci si è fatto il nido". Qualcuno, molto prima, aveva detto "Dio è morto". De Andrè, come sempre, è più feroce.
Come riesco a raccordare questi miei pensieri con il vostro agire? E' molto semplice: mi figuro il vostro operato come una delle migliori espressioni della lotta dell'Uomo contro il Male. Sto parlando di lotta ad alti, altissimi livelli. Perché, come dice Guanda, emancipare un villaggio è un piccolo passo (un "esempio") verso l'emancipazione di interi popoli. Il Bene contro il Male.
Io temo (temo!) che questo sia talmente importante ed efficace, che possa dare fastidio. Fastidio in Alto, se riesco a spiegarmi. Anni fa avevo visto un film che mi aveva impressionato, e mi aveva fatto capire tante cose: "Blood diamond" si intitolava, con una grandissima interpretazione di Leonardo Di Caprio: mostrava e soprattutto dimostrava che ci sono precisi interessi, volti a far sì che in Africa le cose vadano sempre male.
Per questo il vostro lavoro (e anche quello di padre Gaetano, uomo veramente di prima linea, autentico fuciliere degli Alpini) assume sfumature epiche, lo dico senza ombra di retorica.
Scusate, non voglio sporcare le vostre azioni con le elucubrazioni di un intellettualoide, e mi fermo qui.
Siete nel mio cuore e nelle mie preghiere
Filippo
30 Marzo 2011
Dal Discorso in memoria di Francesco De Toma
Caro Franco,
sei nel cuore di tutti noi Alpini, in particolare noi del 35° AUC, e dei tanti bimbi ugandesi che in questi anni hai aiutato con tanta passione e tantissimo amore.
Sappiamo che ora sei nelle braccia del Signore. Aiutaci a portare a compimento i tuoi progetti di Amore!
Ciao Franco, con affetto !
Guanda33 per gli Alpini
Quel sentiero invisibile che ci collega a Kitanga.... In Punta di Vibram
Leggi le e-mail arrivate al Forum 'inpuntadivibram'
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Francesco De Toma era stato Allievo del 35° Corso AUC presso la Scuola Militare Alpina di Aosta, da aprile a settembre del 1964. “Trentacinquini” erano, sì, tutti i suoi compagni di corso; ma anche e soprattutto coloro che, guidati dall’allora sottotenente Massimo Guandalini (già allievo del 33° AUC, successivamente fermato come Ufficiale istruttore presso la Scuola, li ebbe come “propri” allievi), si impegnarono per anni alla costruzione del Progetto “AUC pro Uganda”, gestito dalla Fondazione Von Hilbe ONLUS. “Ugandalini” (vedi poco dopo) sono per estensione e per… anagramma, tutti coloro, AUC e no, che partecipano allo stesso progetto
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