Gli
Alpini in Russia Nell'estate
del 1941 il Corpo d'Armata Speciale (CSIR - generale Messe) entrò in linea
sul fronte russo. Spravvenuto l'inverno, fu sentito il bisogno di disporre di
reparti sciatori. Perciò fu ricostituito il battaglione sciatori Monte
Cervino (tenente colonnello D'Adda), formato da due compagnie di uomini scelti
fra i migliori sciatorie dotato di speciale equipaggiamento per la guerra invernale.
Il
14 gennaio 1942 il Cervino partì da Aosta e raggiunse il 21 febbraio
la zona d'operazione. Dopo un periodo di azioni di pattuglia sul fronte delle
divisioni Torino e Pasubio, durante le quali furono catturati prigionieri
ed armi, partecipò il 22-23 marzo ad operazioni nella zona di Ploski. Rinforzato
dall'80a compagnia armi di accompagnamento, entrò il 25 aprile a far parte
del Raggruppamento tattico Barbò. Prima in linea sul Samara, fu
poi trasferito a Brodj e partecipò il 18 maggio all'attacco di Klinowki
ed alle operazioni per l'eliminazione della sacca di Jsium, sostenendo duri combattimenti.
Nel
luglio il battaglione passò alle dipendenze dell'ARMIR (generale Gariboldi)
ed il 22 agosto fu messo a disposizione del XXXV Corpo d'Armata (generale Messe)
impegnato in una difficile battaglia difensiva.
Entrò
in linea il 24 agosto a Tscherbotarensky, subito dopo la carica del Savoia Cavalleria,
e nella notte successiva fu autotrasportato a sud di Batmukin, dove il 26 contrattaccò,
ristabilendo la situazione. Si schierò poi dinanzi a Jagodnij.
Decisa
una maggiore partecipazione di forze italiane alla campagna in Russia, e soprattutto
con la prospettiva di includere il Caucaso nel teatro di operazioni, fu costituito
il Corpo d'Armata alpino al comando del generale Gabriele Nasci, con capo di Stato
Maggiore generale Martinat, comandante dell'artiglieria generale Filippi e del
genio generale Tamassia.
La
costituzione organica dei reggimenti, dei battaglioni e dei gruppi fu adattata
alle esigenze di una guerra in cui avevano larga parte i carri armati, assegnando
compagnie cannoni e batterie controcarro e controaeree. Se le armi non erano del
tutto adeguate alle moderne esigenze, è però certo che, nei limiti
delle disponibilità, fu compiuto un notevole sforzo per dare efficienza
al Corpo d'Armata. Per quanto concerne il personale, il Corpo d'Armata del generale
Nasci rappresentava per ufficiali e trippa quanto di meglio potessero dare il
corpo degli Alpini e l'Artiglieria alpina.
Fu
una possente unità alpina e nessun'altra la superò in valore e spirito
di sacrificio.
Agli ordini del generale Nasci erano: Divisione
Tridentina (generale Reverberi):
- 5° Alpini (colonnello Adami):
battaglioni Morbegno (maggiore Zucchi), Tirano ( maggiore Volpatti),
Edolo (maggiore Belotti); - 6° Alpini (colonnello Signorini): battaglioni
Vestone (Meggiore Bracchi), Verona (maggiore Prat), Vak Chiese
(tenente colonnello Chierici); - 2° Artiglieria Alpina (colonnello Migliorati);
gruppi Bergamo (maggiore Meozzi), Vicenza (tenente colonnello Calbo),
Val Camonica (maggiore Andri); - 2° battaglione Genio (maggiore
Cassoli).
Divisione
Julia (generale Ricagno):
- 8° Alpini (colonnello Cimolino): battaglioni
Tolmezzo (maggiore Talamo), Gemona (tenente colonnello Dell'Armi),
Cividale (tenente colonnello Zacchi); - 9° Alpini (colonnello Lavizzari):
battaglioni Vicenza (maggiore Paganelli), L'Aquila (maggiore Boschis),
Val Cismon (tenete colonnello Actis Caporale e poi capitano Valenti); -
3° Artliglieria Alpina (colonnello Moro): gruppi Conegliano (maggiore
Rosotto), Udine (tenente colonnello Cocuzza), Val Piave (tenente
colonnello Valdetara); - 3° battaglioe Genio (Maggiore Ilari).
Divisione
Cuneense (generale Battisti):
- 1° Alpini
(colonnello Manfredi): battaglioni Pieve di Teco (maggiore Catanoso), Ceva
(tenemte colonnello Avenanti), Mondovì (maggiore Trovato); -
2° Alpini (colonnello Scrimin): battaglioni Borgo San Dalmazzo (tenente
colonnello Palazzi), Dronero (maggiore Guaraldi), Saluzzo (maggiore
Bomiperti); - 4° Artiglieria Alpina (colonnello Orlandi): gruppi Mondovì
(tenete colonnello Rossini), Pinerolo (tenente colonnello Lucca), Val
Po (tenente colonnello Cresseri); - 4° battaglione Genio (maggiore
Mazzone).
Il
Corpo d'Armata alpino, iniziato il movimento i 14 luglio, fu scaricato in varie
località: la Tridentina alla stazione di Nowo Gorlowka, la Cuneense fra
Izyum e Uspenskaija e la Julia, ultima arrivata, a Izyum.
Dovendo
operare nel Caucaso, fu messo a disposizione della XVIII Armata germanica ed il
16 agosto la Tridentina iniziò il movimento per via ordinaria. Dopo quattro
tappe, il 19 agosto, essendosi rinunziato all'impiego sul Caucaso, fu rimesso
alle dipendenze dell'VIII Armata italiana (ARMIR) e subito la Tridentina fu inviata
in direzione di Millerovo e ka Cuneense verso Starobelsck.
Il
dirottamento verso la pianura del Don costituì una grave delusione per
gli Alpini. Frattanto, causa sfavorevoli avenimenti sul fronte del XXXV Corpo
d'Armata la Tridentina fu messa temporaneamente a sua disposizione e fu avviata
verso la zona Jagodnij-Garbatovo-Bolskoi, tenuta dalla divisione Sforzesca.
Le altre due divisioni furono trattenute in riserva.
La
Tridentina (meno il battaglione Verona ancora arretrato) raggiunse
il fronte tra il 27 e il 30 agosto. Il 5° Alpini fu avviato a JagodniJ (divisione
Sforzesca) dove già era il battaglione Cervino, ed il 30
agosto in una ricognizione cadde il maggiore Volpatti, comandante del Tirano,
sostituito dal maggiore Zaccardo. Il 6° Alpini (Vestone e Val Chiese)
entrò in linea a destra, a Bolskoi, ed il 1° settembre attaccò
in direzione di Kotowski. Lo slanncio del Vestone fu tale dal portarlo
addirittura sullo schieramento delle artiglierie russe.
Essendo
però mancato il promesso appoggio di carri armati tedeschi, il Vestone
ed il Val Chiese, che aveva raggiunto Kotowskij, furono costretti da un
contrattacco a ripiegare, non senza aver prima distrutto le artiglierie conquistate.
L'offensiva
russa era ormai stroncata e su quel tratto di fronte, sul quale s'inserì
il comando della Tridentina il 9 settembre, subentrò la calma. In
questo periodo la divisione perdette 27 ufficiali (10 morti, 16 feriti e 1 disperso)
e 538 alpini (61 morti, 352 feriti e 125 dispersi).
Il
settore della Tridentina fu ripartito in due sottosettori: a destra il
6° Alpini (colonnello Signorini) rinforzato dal Tirano, ed a sinistra
il Cervino ed il Morbegno agli ordini del tenente colonnello D'Adda.
Il comandante del 5° Alpini (Adami) assunse il comando della riserva del Corpo
d'Armata (Edolo e mezzo battaglione carri). Il 29 settembre il Tirano
passò a far parte della riserva.
L'8
settembre al Corpo d'Armata alpino fu assegnato il settore, all'estrema sinistra
dell'ARMIR, fra Novo Kalitwa e Pawlowsk, sul quale si schierarono tre il 19 ed
il 20 settembre la Cuneense a destra e la Julia a sinistra.
Il
6 ottobre il battaglione Borgo San Dalmazzo respinge il primo attacco russo,
e cadde eroicamente il triestino capitano Movia.
Alla fine
di ottobre il settore del Corpo d'Armata fu ampliato a sinistra e qui entrò
in linea la Tridentina, giunta con una marcia di 200 km. Le
divisioni si accinsero a rafforzare le linee ed a prepararle per svernarvi, compiendo
lavori di mole eccezionale, con ammirevole ingegnosità.
Dall'11
dicembre incominciarono gli attacchi russi contro i Corpi d'Armata Il e XXXXV
e il 17 il nemico riuscì a penetrare nel fronte della 385a divisione germanica
e della divisione Ravenna, alla destra della Cuneense, determinando
una falla fra Novo Kalitwa e la valle del Bogutschar. La
divisione Julia aveva già pronto un "gruppo d'intervento"
(tenete colonnello Actis) costituito dai battaglioni L'Aquila (maggiore
Boschis) ed un gruppo artiglieria di formazione (maggire D'Amerio) che fu subito
avviato a Ivanowka, dove era già il battaglione Cervino (capitano
Lamberti), che si era schierato su amplissimo fronte, sostenendo vittoriosamente
duri combattimenti, durante i quali cadde eroicamente, il 22 dicembre, il tenente
Sacchi.
Il
"gruppo d'intervento" si schierò il 19 mattino a destra del Cervino,
verso Deresowatka, su di un fronte di 10 km sul quale sostenne violenti attacchi
di forze di gran lunga superiori, con carri armati, sacrificando, dal 19 al 25
dicembre, 29 ufficiali, 79 graduati e 815 alpini del battaglione L'Aquila.
Ciò malgrado, questo eroico battaglione continuò, fino al 29 dicembre,
a resistere senza cedere di un passo.
Frattanto
era giunta in linea l'intera divisione Julia, sostituita nel settore prima
occupato dalla divisione di fanteria Vicenza (generale M.O. Pascolini).
Il 24 dicembre il Val Cismon, che aveva sostituito il Cervino, ed
il Vicenza ricacciarono due reggimenti che lasciarono sul terreno 500 morti.
Il 27 il Val Cismon riconquistò una posizione perduta dai tedeschi.
Il
Cividale mantenne con valore e tenacia le posizioni contro violenti e reiterati
attacchi; Tolmezzo e Gemona si prodigarono, mantenendo intatte
le posizioni loro affidate; il 30 dicembre il Vicenza respinse l'attacco,
più volte rinnovato, di un reggimento, e il 3° battaglione Genio Alpini
andò al contrattacco in emulazione con gli Alpini, sì che la divisione
Julia fu denominata dai tedeschi "la divisione miracolo".
Fra
i molti eroi di queste giornate meritano particolare ricordo l'alpino Tolgo del
Val Cismon, Medaglia d'Oro vivente e cieco di guerra, le Medaglie d'Oro
cadute tenente Rabeggiani e alpino Capomizzi, il vivente alpino Ziliotto e ancora
le Medaglie d'Oro sergente maggiore Zucchi, capitano Chiarardia, sottotenente
Gavoglio e tenente Heusch.
Sul
fronte della Cuneense il Saluzzo aveva respinto il 24 dicembre un
attacco.
Il nemico, arrestato nettamente sul fronte della Julia
e contenuto più a sud da unità tedesche, stava intanto preparando
un attacco ben più vasto, con forze imponenti, che scatenà il 14
gennaio sul fronte del Corpo d'Armata Alpino e del XXIV Corpo d'Armata germanico
alla sua destra, dal quale dipendeva la Julia. Sul
fronte della Tridentina, Tirano e Morbegno non cedettero
di un passo; il Vestone ricacciò il 15 gennaio ben sette attacchi
consecutivi, il 16 e 17 l'Edolo ricacciò in fuga il nemico e qui
cadde il capitano Fannucchi. La Cuneense rimase salda sulle sue posizioni.
La
Julia respinse il 15 violenti attacchi , in cui rifulse ancora una volta
il valore del Val Cismon; quindi la divisione ebbe ordine di ripiegare
su posizioni retrostanti, perché il fronte era stato sfondato il 14 gennaio
a circa 30 km più a sud, dove erano unità tedesche. Per questa breccia
sul fronte tedesco irruppero carri armati che nella stessa giornata del 14 travolsero
a Shilino il comando del XXIV Corpo d'Armata germanico, e innanzi punte corazzate
che l'indomani mattina raggiunsero Rossosch, sede del comando del Corpo d'Armata
Alpino. Il Cervino (capitano Lamberti), reparti vari, personale dei comandi
e dei servizi, affrontarono i carri con bombe a mano e bottiglie di benzina; annientarono
i gruppi dei fanti aggrappati ai carri e ricacciarono questi fuori dell'abitato
con una lotta epica. Cadde eroicamente il tenente Corte di Montonaro, del battaglione
Cervino.
L'incursione
in Rossosch avvertì il generale Nasci che le sue divisioni stavano per
essere accerchiate, sebbene tenessero saldamente il fronte loro affidato. Non
rimaneva che cercare di sottrarle all'accerchiamento, ma invano il comando dell'VIII
Armata italiana chiese al comando tedesco l'autorizzazione, che fu negata in base
ad un assurdo concetto di resistenza in posto.
Quando
il 17 gennaio la ritirata fu autorizzata, erano state perdute, per colpa del comando
tedesco, due giornate preziose.
Ebbe allora inizio quella marcia
verso occidente che tutta un alternarsi di attacchi contro i successivi sbarramenti
russi e di reazioni agli attacchi di carri e di partigiani sui fianchi e sul tergo.
La semplice narrazione degli avvenimenti non può dare l'esatta misura della
tragedia che si abbatté sulle divisioni e tanto meno dello sforzo eroico
che ogni reparto, ogni alpino, dovettero compiere per tentare di vincere il nemico
e le avversità dell'ambiente tragico della steppa gelata, a 40° sotto
zero, senza viveri, senza riparo, esausti, assiderati, senza possibilità
di sostare per non rimanere vittime del gelo, costretti ad andare all'assalto
per superare uno per uno gli sbarramenti nemici. Più
che di una "ritirata", si trattò di una continua, eroica, "offensiva"
contro il nemico e la natura ostile. La situazione era, fina dalla sera del 17,
particolarmente grave per le divisioni Julia, Cuneense, Vicenza
perché le forze russe che dal sud erano pervenute a Rossosch, dove il 16
aveva valorosamente combattuto, sacrificandosi, il 1° battaglione complementi
della Cuneense (tenente colonnello Scippacercola), continuavano a progredire
sul loro tergo verso nord e nord-ovest.
La
divisione Tridentina aveva ancora abbastanza libera la ritirata verso ovest.
La
divisione Julia - gravemente logorata dall'eroica lotta sostenuta per quasi
un mese - e la Cuneense, dovevano perciò risalire prima verso nord-ovest,
tentando di sfuggire alla branca della tenaglia russa protesa da Rossosch, per
cercare di raggiungere la Tridentina. Oltrepassato
sul ghiaccio il Kalitwa, la Julia puntò su Popowka, dove si era
diretta la Cuneense.
Tra il 19 e il 20 gennaio il 9°
Alpini si batté con eroico valore fra Popowka e Kopanka, agli ordini del
colonnello Lavizzari, e quindi riprese nella notte il movimento su Postojalij.
Verso le 15 del 21, nei pressi di Lesnitcianksy una forte colonna russa con carri
armati accerchiò il reggimento, che combatté con eroico valore,
fino all'esaurimento delle munizioni. Alla fine fu sommerso dalla marea russa.
L'8° Alpini, dopo aver resistito disperatamente a Nowo Postojalowka ed aver
attaccato con furia eroica il 20 e 21 a Samojlenkow, con alla testa il generale
Ricagno ed il colonnello Cimolino, fu sopraffatto il 22 e 23 a Nowo Sergiewsky
ed a Scheliakino. Caddero eroicamente il caporale Bortolussi e il caporal maggiore
Maronese, del gruppo Conegliano, Medaglie d'Oro. Un
esiguo gruppo di superstiti, con il generale Ricagno, fu poi fatto prigioniero
il 27 gennaio, non lontano da Valuiki, mentre si slanciava in un estremo assalto
contro i cosacchi che l'avevano accerchiato.
Il
tenente colonnello Rossotto, comandante del gruppo Conegliano, riuscì
a raccogliere un certo umero di superstiti e a raggiungere la Tridentina,
con la quale combatté e marciò verso la salvezza.
Il
sacrificio della 21a compagnia (capitano Rabo) del Saluzzo e della 72a
batteria (capitano Silvestri) del gruppo Val Po, consentì alla colonna
della Cuneense di sganciarsi dal nemico che l'aveva attaccata la sera del
19 a Popowka, e di procedere verso Nowo Postojalowka. Cadde a Popowka la Medaglia
d'Oro sergente maggiore Vincenti del 2° Alpini.
Il
villaggio di Nowo Postojalowka era occupato dal nemico: il Ceva attaccò
e cadde il comandante, tenente colonnello Avenanti, Medaglia d'Oro, con due comandanti
di compagnia (capitani Zoppi e Tomaselli) e tutti e tre i comandanti di batteria
del gruppo Mondovì, caduti sui loro pezzi, capitani Sibona, Medaglia
d'Oro, Calanchi e Cassone. Attaccarono allora i battaglioni Borgo San Dalmazzo
e Saluzzo, ma furono schiacciati da carri armati e fanterie. Constatata
l'impossibilità di sfondare, il generale Battisti
decise di approfittare dell'oscurità per disimpegnarsi e raggiungere Postojalij.
Ricordiamo l'eroico sacrificio dell'alpino Cazzulini e del caporal maggiore Ferrero,
Medaglie d'Oro del 1° Alpini.
Il
nemico attaccò e il Mondovì si sacrificò per consentire
a ciò che rimaneva della divisione di intraprendere la marcia. Il maggiore
Trovato cadde alla testa del suo battaglione.
Ormai il generale
Battisti disponeva soltanto più del battaglione
Dronero e del gruppo Pinerolo: coplessivamente circa 2000 uomini.
Nella giornata del 21, superata Postojalij (dove il giorno prima aveva combattuto
la Tridentina) i resti della Cuneense raggiunsero Alexandrowka. La
divisione Tridentina, oltre ad essere più prossima alla direttrice
di ripiegamento, fu agevolata nei primi giorni dalla presenza a sud delle divisioni
Julia e Cuneense che, combattendo strenuamente contro la branca
meridionale della tenaglia russa, ne rallentarono il movimento. Infatti le prime
resistenze che la Tridentina incontrò a Skorobib il 19 gennaio,
superate con un attacco del 5° Alpini, sostenuto dal gruppo Val Camonica,
furono opposte da truppe provenienti da nord, dal settore della II Armata ungherese.
In
quel giorno, mentre il 6° Alpini era avviato a Repiewha, il comando del Corpo
d'Armata e quello della Tridentina sostarono a Opyt, avendo il generale
Nasci sperato di essere raggiunto dalle altre divisioni.
Nella
notte sul 20 Opyt fu attaccato; respinto una prima volta dalla 54a compagnia del
Vestone e dalla 45a batteria del gruppo Vicenza, il nemico ritornò
all'attacco ed il 2° battaglione Genio (maggiore Cassoli) lo respinse contrattaccando,
ma perdendo il sessanta per cento dei suoi effettivi, fra cui i tenenti Fabiani
e Rossi, Medaglie d'Oro.
Il
20 il 6° Alpini sfondò lo sbarramento nemico a Postojalij e, combattendo
dalle 17 a mezzanotte, anche lo sbarramento di Nowo Karkowa. All'alba del 21 fu
rotto anche il terzo sbarramento russo sulle alture di Limarewka. Intanto alla
colonna si accodavano sempre più numerose torme di dispersi di ogni nazionalità,
che cercavano la salvezza sotto la protezione degli alpini.
Il
battaglione Cervino, che era partito da Rossosch nel pomeriggio del 16,
aveva raggiunto combattendo Oljchowatchae quindi Warwarowka, sopravanzando la
colonna della Tridentina. La piccola colonna andava via via assottigliandosi
di combattenti per le perdite subite nei continui combattimenti, mentre ingrossava
per l'affluenza di dispersi. Il battaglione cessò praticamente di esistere
e il comandante, capitano Lamberti, con una pattuglia, fu catturato il 21 gennaio
dopo vivace combattimento, non lontano dalla ferrovia Valuiki-St. Ostrol. SOltanto
42 superstiti del glorioso battaglione poterono giungere in salvo.
Il
battaglione Pieve di Teco (tenente colonnello Catanoso) del 1° Alpini
era sul Don nel settore della divisione Vicenza, con la quale iniziò
il ripiegamento. Il 19 era a Samojlenkow, il 20 attaccò a sud di Postojalij
e aprì un varco alla colonna, di cui era l'avanguardia. Combatté
a Nowo Karkowa e il 23 a Scheljakino; nei giorni successivi respinse attacchi
di carri armati. Il 26 fu nuovamente attaccato presso Valuiki, resistette con
superba tenacia, finché fu sopraffatto. Compirono prodigi di valore, fra
gli altri, le Medaglie d'Oro sottotenente Gerbolini e il sottotenente medico Mendozza.
Alle
3 del 22 la divisione Tridentina mosse con obiettivo Ladomirowka. All'alba,
presso Scheljakino, incontrò uno schieramento russo; 5° e 6° Alpini
andarono all'attacco, sostenuti dai gruppiBergamo e Vicenza e passarono.
Al crepuscolo il Morbegno si sacrificò per stroncare un attacco
russo e cadde il comandante, maggiore Sarti. Assunse il comando dei superstiti
il capitano Emanueli, caduto a sua volta, e sostituito dal maggiore Fabbrocini.
Il
22 i resti della Cuneense giunsero a Nowo Karkowa, non riuscendo a raggiungere
la Tridentina. Le due divisioni erano ormai troppo distanziate. Il 23 continuarono
la marcia. Verso le 12 la Tridentina ricacciò i russi dal villaggio
di Nikolajewka e poi sorpassò Kowalew. L'indomani 24 Vestone e Val
Chiese apersero un varco a Malakaiewee la divisione raggiunse a notte fonda
Romankowo.
Il
25, dopo cinque ore di marcia, ricacciò i russi da Nikotowka e spinse il
6° Alpini col gruppo Bergamo su Arnautowo. Il 26 mattino, appena iniziata
la marcia, si delineò un movimento avvolgente contro il Tirano,
che contrattaccò e volse ancora in fuga il nemico. Caddero le Medaglie
d'Oro tenente Giiuliano Slataper, figlio della Medaglia d'Oro Guido, Soncelli,
Perego e il capitano Grandi che, morente, volle far cantare dai suoi Alpini Il
testamento del capitano.
Frattanto
il 6° Alpini (colonnello Signorini) era già a contatto col nemico a
Nikolajewka, occupata da un'intera divisione e da solo non poteva sfondare. La
situazione era estremamente grave: passare o perire. Verso l'imbrunire giunse
il colonnello Adami col 5° Alpini (Tirano e Edolo) e allora
tutti i validi della colonna si lanciarono all'assalto con alla testa i generali
Reverberi e Martignat, i comandanti del 5° e del 6° e del 2° Artiglieria,
Adami, Signorini e Migliorati, e volsero in fuga il nemico, conquistando una quarantina
di cannoni. Dolorose le perdite: 40 ufficiali morti, fra i quali l'eroico generale
Martinat Medaglia d'Oro e centinaia di Alpini fra i quali le Medaglie d'Oro capitano
Piatti, del Tirano e sergente maggiore Achilli; ferito a morte il tenente
colonnello Calbo Medaglia d'Oro e ferito il colonnello Migliorati del 2° Artiglieria
Alpina.
Il
25 gennaio la Cuneense era fortemente impegnata a Dechtjarnaja, dove la
Tridentina era passata il 23; riuscì a disimpegnarsi e a continuare
verso Suchowo la marcia, resa penosissima da una terribile bufera di vento e neve.
Il Dronero attaccò ed aprì il varco verso Malakajewe, dove
la colonna fu di nuovo sottoposta a violento fuoco. Il 27 squadroni di cosacchi
la avvolsero mentre era in marcia e per poco non catturarono il generale Battisti,
ma invano intimarono la resa. Il Dronero si schierò e li costrinse
a indietreggiare.
Erano
ormai dodici giorni e undici notti che la Cuneense marciava e combatteva.
Gli uomini erano esausti. All'alba del 28 stava raggiungendo Roswanskoie, a pochi
chilometri da Valuiki, quando fu circondata dai cosacchi. Si accese un violento
combattimento; mancando le munizioni gli Alpini lottarono all'arma bianca. Poi
il cerchio si chiuse inesorabile sui superstiti, ma nessuno si arrese. Furono
tutti presi con l'arma alla mano, con il generale Battisti e i comandanti del
1° e 2° Alpini colonnelli Manfredi e Scrimin.
Dopo
il combattimento di Nikolajewka, la Tridentina continuò la marcia,
insidiata da partigiani, fino a raggiugngere il 31 gennaio Schebekino, sempre
seguita da una turba dolentedi feriti, congelati, dispersi di ogni nazionalità.
Qui, dopo aver portato in salvo i resti del suo reggimento, morì l'eroico
comandante del 6° Alpini colonnello Signorini, Medaglia d'Oro.
La
tragica vicenda del Corpo d'Armata Alpino non era ancora conclusa; sono fin troppo
note l'ecatombe nei campi di concentramento russi degli Alpini caduti prigionieri
e le sofferenze che i superstiti dovettero sopportare in spregio ai più
elementari principi di umanità. Se la tragedia fu immensa, non meno grandiosa
fu la prova di solidità morale e materiale che ancora una volta gli Alpini
diedero in circostanze eccezionalmente avverse.
Le
cifre sono tristemente eloquenti: 1290 ufficiali e 39720 sottufficiali e truppa
caduti e dispersi. Rientrarono in Patria 6400 uomini della divisione Tridentina,
3300 della Julia e 1300 della Cuneense.
Comandanti
e Alpini si sacrificarono spiritualmente uniti: cinque comandanti di reggimento
alpino su sei non ritornarono e con loro la maggioranza dei comandanti di battaglione
e gruppo, di compagnia e batteria.
Gli
Alpini in Russia scrissero la pagina certamente più tragica della storia
del Corpo, ma una pagina gloriosissima per le Armi Italiane.
Non
potendo ricordare uno per uno i mille e mille eroi del Corpo Alpino, additiamo
all'ammirazione le Medaglie d'Oro non segnalate nel corso della narrazione degli
avvenimenti: del 1° Alpini il colonnello Manfredi, il tenente D'Eramo, il
sergente maggiore Solimano; del 2° Alpini il tenente Anselmi e il capitano
Astrua, l'alpino Mazzocca e il tenente cappellano Oberto; del 5° Alpini il
capitano Briolini e il tenente Nicola; del 6° Alpini il tenente Baisi e il
sottotenente Da Ros; il capitano Frugoni, il sottotentenTarchini e il tenente
Zani; dell'8° Alpini il caporal maggiore Cescato, il maresciallo Durigon,
il sergente Goi, il tenente Rossi; del 9° Alpini il capitano Bertolotti, il
sottotenente Cantele, il tenente Colinelli, i sottotenenti Gamba, Menotti e Piccinini,
il capitano Renzi; del 2° Artiglieria Alpina il capitano Albera, il tenente
Magnolini, il capitano Orzali, il maresciallo Tempesti, il capitano Vinco; del
3° Artiglieria il capitano Slataper, figlio dell'eroe triestino, il sergente
Bertolotto; del 4° Artiglieria Alpina, il caporale Gabrieli, il tenente Suracusa;
del comando di Corpo d'Armata il capitano Capitò e del battaglione Cervino
il tenente medico Reginato Da "Alpini" dell'Istituto
di Divulgazione Storica - Roma 1954 Torna
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