Mezzogiorno di fuoco
di Mario Grigioni
La Smalp è stata per molti anni orgogliosa della propria indipendenza dal Quarto corpo d’armata alpino. Analogamente, ha sempre considerato un punto d’onore la
propria filosofia addestrativa spartana, basata sul principio che i futuri ufficiali degli
Alpini dovevano abituarsi ad operare in ambiente ostile.
A parte il fatto che a noi, grandi appassionati di montagna, risultava difficile accettarne la definizione di “ostile”, non si capiva la correlazione fra quella filosofia e
l’obbligo di farsi il cubo, di pulire i cessi e le camerate, di fare servizio in mensa e
così via…
Non senza invidia, si raccoglievano voci (più o meno veritiere) su quanto accadeva
nelle altre scuole militari. «Mio cugino è a Foligno, dice che ci sono i famigli che
fanno i letti e le pulizie.» «A Benevento, i “Caramba” vengono serviti a tavola da
camerieri in guanti bianchi.» «Alla Cecchignola mettono la caramella della buona
notte sul guanciale.»
Alla Smalp, invece, era naja, naja alpina…
Nell’ambito dei servizi più odiati, un posto d’onore spettava senz’altro alla mensa. Il
fatto di assistere al “dietro le quinte” della preparazione dei pasti non aiutava certo ad
instaurare un buon rapporto col vitto quotidiano; inoltre nessuno amava il turno alla
macchina lava-vassoi (nota come “la macchina infernale”), fonte di rumore
assordante e di caldo insopportabile. In quei lontani anni Sessanta, la mensa era
dominio incontrastato del maresciallo maggiore Von Trippen (forse aveva un nome
diverso, ma nessuno lo conosceva), che la governava come un monarca assoluto. Come il nome d’arte suggerisce, Von Trippen aveva il perfetto physique du rôle del
bonario maresciallo di mensa, completato da folti baffi e pizzetto grigio.
Contrariamente alle apparenze, però, era in realtà alquanto permaloso ed irascibile,
pronto a prendere fuoco alla minima contrarietà. La concomitanza di questi fattori
fece della mensa il palcoscenico d’una serie di gag indimenticabili.
Un giorno, il menu prometteva un’allettante “Fantasia di corned beef ai sapori
mediterranei”. Incuriosito, l’AUC Pier Paolo, di servizio mensa, si affiancò allo “chef” addetto alla preparazione. Con grande delusione, scoprì che si trattava di carne
in scatola di dubbio pedigree, sommersa da un orripilante battuto di prezzemolo e
aglio. Quando poi fu incaricato di portare via le scatole vuote, il suo sguardo cadde su
un numero stampigliato su una di esse: 1946. “Che combinazione,” pensò Pier Paolo, “questo lotto di produzione corrisponde al mio anno di nascita”. Controllò meglio e
con raccapriccio si rese conto che 1946 non era il lotto di produzione, bensì la data di
confezionamento. Si fece coraggio e decise di avvertire Von Trippen.
«Mi scusi, maresciallo, mi sembra che questa carne sia un po’ vecchia…»
«Come sarebbe a dire?» ribatté Von Trippen, visibilmente seccato.
«Vede, è del 1946, lo stesso anno in cui sono nato.»
«Appunto, non mi verrà a dire che lei si sente vecchio, spero!!!»
Un’altra volta il servizio mensa toccò a Camillo, AUC di vasta cultura (insegnava
lettere in un liceo del Canavese), che nutriva una vera e propria avversione per la
macchina infernale. Mentre stava preparandosi ad affrontare il proprio destino, interrogò i compagni di camerata: «Voi ignoranti sapete da cosa deriva la parola “sabotaggio”?». Nessuno rispose.
«Ve lo dico io: deriva da sabot, “zoccolo”, proprio come li chiamano qui in Val
d’Aosta. Durante uno sciopero un’operaia infilò un sabot fra gli ingranaggi di una
macchina, bloccando l’intera fabbrica.» E senza aggiungere altro se ne andò,
lasciando i compagni piuttosto perplessi.
Quella sera la quiete del dopocena fu squarciata da grida disumane, provenienti dalla
mensa. Sembrava la voce di Von Trippen, e alcune parole erano intelligibili: «… Chi
c… è stato… Bastardi, disgraziati… Se lo becco…». Si seppe in seguito cos’era
successo: qualcuno (rimasto sconosciuto) aveva infilato uno sgabello metallico nella
macchina lava-vassoi, mandandola in blocco. Il danno era stato irrilevante ma,
evidentemente, Von Trippen non aveva apprezzato lo scherzo.
Ma il clou della stagione vide come protagonista il sottotenente Federico, genovese
purosangue, una carriera ben avviata nel settore dei noli marittimi. Federico coltivava
un sogno impossibile fin dai tempi del corso (il 48°, quello del capitano Beppo):
infliggere una punizione a Von Trippen. «Chissà mai… se un giorno dovessi tornare
alla Smalp da ufficiale, voglio proprio togliermi questa soddisfazione». E infatti
destino volle che, dopo il periodo da sergente alla Tridentina, Federico rientrasse
proprio in Smalp per il servizio di prima nomina.
Dopo qualche settimana di paziente attesa si presentarono le condizioni ideali per
mettere in atto il progetto: era una giornata piovosa, Federico era ufficiale di
picchetto e, fattore non secondario, aveva gustato durante la mattinata un paio di
Campari Soda oltre il necessario. All’ora di pranzo avvertì il sottopicchetto che
avrebbe fatto un’ispezione in mensa; si mise il Bantam di sbieco e, salutando
all’inglese, col palmo della mano verticale, declamò il proprio motto di battaglia:
«Terzo Incursori, all’attacco!». Poi, intonando a mezza voce il Trentatré [l’inno degli
Alpini, NdR] si diresse dritto dritto (si fa per dire) verso la mensa.
Entrò con passo studiatamente lento, sembrava Wyatt Earp nel saloon di Tombstone.
Si rivolse ad un cuciniere e, con tono autoritario, gli ordinò di chiamare Von Trippen.
Il maresciallo giunse dopo qualche minuto, visibilmente contrariato: «Cosa vuole,
tenente?» domandò sgarbato.
«Maresciallo, questo pavimento è bagnato, stia punito!»
Von Trippen impiegò qualche secondo per metabolizzare l’enormità dell’affronto, poi esplose: «Come ti permetti, bamboccio, vai fuori dalle balle prima che ti prenda a
calci nel sedere!». Federico fu colto di sorpresa, riuscì solo a balbettare «Eh,
calma…», poi fu trascinato via da due sten che, trovandosi nei pressi, erano accorsi
temendo il peggio. Fu così evitato in extremis un incidente diplomatico di ben più gravi proporzioni. Mentre lo riaccompagnavano al corpo di guardia, Federico
espresse comunque la propria soddisfazione per la missione compiuta: «Però, avete
visto che strizza gli ho fatto prendere?».
Federico vive da molti anni in Svizzera, nel Cantone francofono di Vaud, dov’è stato
rintracciato soltanto nel settembre del 2003, alla fine di estenuanti ricerche. Nega
qualsiasi collegamento tra l’incidente con Von Trippen e il suo trasferimento
all’estero, ma nessuno gli crede: la Svizzera non ha nemmeno il mare…
Mario Grigioni - Ha frequentato il 48° corso AUC nel 1967. Dopo il periodo da sergente
presso il battaglione Pieve di Cadore, ha prestato servizio di prima nomina
alla Smalp, come comandante di plotone alla Prima compagnia AUC ed istruttore
di trasmissioni del 50° e 52° corso AUC.
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