TRACCE - In cammino
Un Pulcinoelefante per l'Africa

Edizioni Pulcinoelefante

Dopo le precedenti edizioni Pulcinoelefante di  Alberto Casiraghy, impreziosite dalle opere grafiche di Pino Guzzonato e ispirate soprattutto al racconto  Allora di Mario Rigoni Stern, ecco una nuova plaquette dedicata a Rigoni: in ogni copia un vero acquerello realizzato appositamente da Nicola Magrin.
In quest’occasione, a 80 anni dalla partenza del giovanissimo Mario per la Scuola Centrale Militare di Alpinismo nel 1938, si è voluto ricordare anche  il cinquantesimo anniversario dal Congedo degli ex Allievi  del 48° Corso AUC della SMA, la Scuola Militare Alpina di Aosta.
Loro è la dedica nel colophon al vecio sergente che, nel testo estratto dal raccontino-memoria Allora, donato da Rigoni per la realizzazione della prima antologia smalpina sulla comune Scuola aostana, In punta di vibram, fotografa il momento del suo impatto con l’ambiente nel quale sarebbe diventato “il più giovane alpino d’Italia”.

Di questa edizione, ideata da Paolo Zanzi, coordinatore della Collana In punta di Vibram- L’impronta degli Alpini ne  sono state stampate 45 copie e  il ricavato delle vendite-contributi (fino ad ora sono stati raccolti ben 3.260 Euro!) andrà alla Comunità di Padre Gaetano Batanyenda e al piccolo ospedale di Kitanga in Uganda, nell’ambito dell’iniziativa  AUC PER L’Uganda - Alpini per l’Africa.

Il libretto è quindi introvabile, ma non importa: l'importante è che esista, che venga ricordato Mario Rigoni Stern e che qualcuno creda ancora nella generosità verso i più deboli.
Chi volesse partecipare a sostenere l’iniziativa, al fianco degli ex AUC del 48° Corso della SMA di Aosta, può inviare le proprie  offerte a:

Associazione Amici di Massimo Onlus
IBAN     IT60 G031 1002 4000 0157 0013 798  Farbanca-Bologna
COD.SWIFT per bonifici dall'estero     FARBIT21
CODICE FISCALE per il 5x1000     91306260372
in entrambi i casi senza dimenticare l’indicazione “48° AUC per missione di Kitanga

 

 

Dieci anni fa l’addio a Mario Rigoni Stern: sergente maggiore del Vestone, scrittore, uomo libero
di Giuseppe Mendicino

Più volte, insieme agli amici di L’impronta degli Alpini, mi è capitato di collaborare per ricordare Mario Rigoni Stern, questa volta l’occasione è particolarmente significativa, perché ricorre il decennale dalla scomparsa del nostro caro sergente maggiore del Vestone.
Mario Rigoni Stern andò avanti il 16 giugno del 2008, negli ultimi giorni di primavera, la stagione che una volta aveva indicato come la più giusta per morire, quella del risveglio della natura.
Portò via con sé uno zaino carico di tre anni di fronti di guerra e di prigionia nei lager, tanti buoni libri, a partire da Il sergente nella neve, e una vita dedicata alla difesa della natura, della memoria storica, di principi etici universali. Di quelli facili da declamare come il coraggio e la generosità, l’onestà, la giustizia e la coscienza critica, ma difficili da tradurre in vita reale. Rigoni Stern, come i suoi grandi amici Primo Levi e Nuto Revelli, ci riuscì, rinunciando al superfluo e cercando l’essenziale, quella dimensione di serietà necessaria per vivere in modo umano e civile l’esistenza.
Tre uomini liberi e amanti delle montagne, che avevano attraversato/attraversarono le tragedie della guerra e dell’oppressione dietro i fili spinati.
Tra i più grandi narratori del Novecento era anche un forte riferimento morale: per gli alpini del suo plotone e per i lettori che, nelle sue pagine, continuano a scoprire storie indimenticabili. Nel gennaio del 1943, durante gli undici giorni della ritirata di Russia, guidò i suoi settanta commilitoni verso la salvezza (“L’opera più bella della mia vita, più che scrivere libri”); i testi raccolgono racconti di guerra e di montagne, soprattutto quelle del suo Altipiano dei Sette Comuni, di boschi, di malghe e di animali.
Pochi scrittori hanno sentito così forte il piacere e il dovere di comunicare con i propri lettori, bastava prendere appuntamento con la moglie Anna e si era sicuri di poterlo incontrare, magari nel suo arboreto salvatico, il boschetto intorno casa che aveva piantato a partire dai primi anni Sessanta: il larice, la betulla, il noce, la sequoia, il ciliegio, il frassino, l’abete, e altri. Si poteva dialogare e stare ad ascoltarlo mentre ragionava con quel suo modo semplice e profondo, temperato dall’ironia.
Durante quei colloqui capitava di ricordare le grandi steppe senza fine della Russia, combattimenti a volte utili a volte no, ma sempre tragici, il fango e i disastri militari della guerra in Albania, la fame e le umiliazioni della prigionia in Germania, subita per aver avuto il coraggio di dire no, con altri 600.000 internati militari italiani, a chi voleva farlo aderire alla Repubblica di Mussolini. Perché lui, che aveva combattuto per tre anni in prima linea, fino a meritarsi una medaglia d’argento sul Don, aveva capito che era una guerra ingiusta, di aggressione, a fianco di una dittatura disumana. Ed era tempo di dire basta.
Dopo gli incontri, individuali o in gruppo, con i lettori, soffriva di incubi notturni, ma era un prezzo che Rigoni Stern sapeva di dover pagare. Era convinto che ricordare fosse un dovere assoluto. La perdita della memoria e della conoscenza storica portano a ripetere gli errori e gli orrori del passato. Una memoria sempre attenta alla verità, perché “non serve aggiungere retorica e aggettivi, per far capire le tragedie del passato è giusto e necessario raccontarle così come sono avvenute, l’orrore è nei fatti”.
Come esempi concreti di regressione della ragione e della civiltà citava lo sterminio di un terzo dei cambogiani durante la dittatura di Pol Pot, le stragi etniche nella ex Jugoslavia, a un passo dal nostro Paese. Le virtù civili e le libertà – diceva – sono come certe foreste, non vanno date per scontate, vanno curate e coltivate, altrimenti le perdiamo. Ai giovani diceva: “Leggete, studiate, e lavorate sempre con etica e con passione; ragionate con la vostra testa e imparate a dire di no; siate ribelli per giusta causa, difendete sempre la natura e i più deboli; non siate conformisti e non accodatevi al carro del vincitore; siate forti e siate liberi, altrimenti quando sarete vecchi e deboli rimpiangerete le montagne che non avete salito e le battaglie che non avete combattuto”.  
Tanti i libri che, oltre al Sergente, hanno fatto compagnia a più generazioni, tutti scritti con frasi chiare e parole precise, con pagine che evidenziano sia l’esattezza del naturalista e dello storico sia la capacità evocativa del poeta: Il bosco degli urogalli, Le stagioni di Giacomo, Arboreto salvatico, Storia di Tönle, L’anno della vittoria, L’ultima partita a carte, Quota Albania, Aspettando l’alba, Inverni lontani, Amore di confine, Stagioni, Uomini boschi e api. Ci manca la sua voce. Nei decenni passati sapevamo che quando un dilemma etico, un rischio per l’ambiente, per le libertà, per la pace, turbava le coscienze, potevamo chiederci: che ne pensa Rigoni Stern? Oggi siamo più soli, si sente la mancanza di voci libere, serie e solide come la sua. Ci restano i libri, da leggere e rileggere, e da portare nello zaino quando si va per montagne non ancora rovinate dall’uomo.
Nel suo studio, rimasto com’era dieci anni fa, è appeso da molti decenni il cappello alpino, consunto e sdrucito, tenuto durante i venti mesi di prigionia nei lager tedeschi, un pegno di affetto e un monito a non dimenticare.
Bello che al ricordo del nostro Mario collabori questa volta Nicola Magrin, un giovane di grande sensibilità artistica e umana, appassionato dei suoi libri e dei suoi valori.
Dietro impulso del 48° corso AUC, che festeggia il cinquantenario dal congedo, Nicola ha voluto ricordare quell’evento, lontano ormai ottant’anni, in cui un giovane Rigoni Stern sognava di diventare “allievo specializzato sciatore rocciatore”, iscrivendosi alla Scuola Centrale Militare di Alpinismo di Aosta.
E non è un caso che l’artista abbia suggerito di intitolare In Cammino il Pulcinoelefante di Alberto Casiraghy che accoglie il suo acquerello: il percorso iniziato allora dal giovanissimo Mario continua in una staffetta senza tempo attraverso il 48° Corso AUC, che ne raccoglie il testimone, abbracciandone gli ideali di pace e solidarietà.
In questa occasione il “testimone”, grazie all’iniziativa “Alpini per l’Africa”, arriverà fino in Uganda. Giusto per ricordare quanto scriveva proprio Mario Rigoni Stern: “Al mondo siamo tutti paesani”.

Giuseppe Mendicino

 

 

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