TRACCE - In Punta di Penna
Un Pulcinoelefante per l'Africa

La  plaquette 9267  “In Punta di Penna” delle Edizioni Pulcinoelefante di  Alberto Casiraghy, stampata in 33 copie,  è stata dedicata dal gruppo IPDV-L’impronta degli Alpini a Mario Rigoni Stern “a ricordo del nostro vecchio sergente e dei suoi valori,  a 10 anni da In Punta di Vibram”. Alcune copie saranno messe all’asta su e-bay nei mesi di ottobre e novembre 2014 e l'intero ricavato  contribuirà ad aiutare l’iniziativa “Un racconto futuro” che vede già da alcuni anni il gruppo IPDV-L’Impronta degli Alpini sostenere il progetto  “AUC pro Uganda”, attraverso l’Associazione AMICI DI FONHILBE ONLUS.
A Kitanga, nel sud-ovest dell’Uganda, sono state realizzate -a partire dal 2003- diverse opere edili, idriche e sanitarie per migliorare le condizioni di vita di una zona nella quale vivono oltre 70.000 persone, tra le quali la presenza di bambini orfani di entrambi i genitori è assai rilevante.
L’impegno di un Parroco ugandese fortemente attivo ed illuminato, Padre Gaetano Batanyenda, ha permesso di avviare e portare a compimento anche il progetto relativo alla scolarizzazione dei bambini di Kitanga ed ora, in aggiunta ed in parallelo ai tradizionali impegni, quest’anno prende l’avvio il fondamentale progetto sostenibilità che si articola nei filoni agricoltura e imprenditorialità.

 

PulcinoElefante nr.9267

 

IN PUNTA DI PENNA

Nel 1934, anno di fondazione della Scuola Centrale Militare di Alpinismo di Aosta, durante l’Adunata Nazionale degli Alpini, Mussolini affermò che “non sono le Alpi che fanno gli alpini, ma gli alpini che fanno le Alpi”. Tale affermazione adombrava il disegno di trasformare un Corpo, ideato per difendere i confini della Patria, in un Corpo pronto a invadere le Patrie altrui: disegno coerente e funzionale ad una strategia espansionistica, fondata per altro quasi solo sull’ideologia e sulle scenografie da parata.
Gli esiti di tali strategie si manifestarono ben presto tragicamente e gli Alpini, non solo in Russia, li vissero fra i primi sulla propria pelle. Tanto che uno dei più lucidi fra i superstiti, Mario Rigoni Stern, giunse anni dopo a rovesciare i concetti espressi dal duce: egli infatti, nel racconto donato nel 2004 a In punta di Vibram, l'antologia di racconti e immagini sulla rifondata Scuola Militare Alpina, dopo essersi domandato se oggi gli Alpini siano gli stessi di “Allora”, risponde affermativamente.
E lo fa dopo aver letto “le pagine di questo libro”, concludendo che “è pur sempre la montagna a imporre le sue regole e ad insegnare un comportamento”. Con ogni probabilità Rigoni decise di donare il suo contributo all’iniziativa quando seppe che era finalizzata a beneficiare la Fondazione creata dal suo antico cappellano, Don Carlo Gnocchi.
Grazie al viatico, trasmesso metaforicamente in quella frase, il gruppo nato da quella esperienza (“IPDV – L’Impronta degli Alpini”), riuscì sempre a reperire la forza e la convinzione, necessarie per continuare quel “racconto” negli anni successivi.
Grati oggi come allora a Rigoni Stern per quella benedizione originaria, e come a chiosare un decennio di attività intensa e proficua, gli Alpini del gruppo “IPDV” hanno chiesto un contributo a Giuseppe Mendicino, biografo ufficiale del grande alpino di Asiago, per presentare il nuovo Pulcinoelefante "In punta di penna".
Ringraziandolo per la cortesia accordataci, riportiamo qui il suo scritto.

                                                                           Il gruppo “IPDV – L’Impronta degli Alpini”

 

"Solo le montagne intorno sono quelle di sempre. E gli alpini sono quelli di sempre?
Queste due frasi di Mario Rigoni Stern, che l’amico Paolo Zanzi, anima del gruppo “L’Impronta degli Alpini”, ha scelto per il nuovo libretto Pulcinoelefante, sono tratte dal finale del racconto Allora, scritto dal grande vecio in occasione della pubblicazione di In punta di Vibram, nel 2004.
L’ispirazione per quel racconto era nata in occasione del ritorno dello scrittore, nel settembre del 2001, in un luogo colmo di ricordi della Seconda Guerra Mondiale: il passo del Piccolo San Bernardo, e i paesi francesi, subito a ridosso del confine. Mario Rigoni Stern aveva combattuto proprio lì, nel giugno del 1940, i giorni dell’attacco italiano sulle Alpi, deciso da Mussolini mentre l’esercito tedesco era ormai quasi a Parigi.
Passato il confine, si scorge in alto sulla destra il Fort de la Traversette, rimasto invitto fino all’armistizio che concluse le ostilità su quel fronte di guerra. Il forte porta ancora i colpi dei proiettili e delle bombe italiane. In territorio valdostano invece, sulle Terres Noires presso La Thuile, sorge un cippo che ricorda i 35 civili francesi fucilati e seppelliti dai tedeschi negli ultimi giorni di guerra.
L'esercito italiano nel 1940 era assolutamente inadeguato a sostenere un conflitto su larga scala. Le armi individuali erano in buona parte quelle della Grande Guerra, tra queste il famoso fucile modello '91: tre chilometri di gittata, preciso, ma poco utile nei combattimenti ravvicinati. Il vestiario era di pessima qualità. Gli alpini portavano ancora alle gambe le fasce mollettiere del primo conflitto mondiale, che fungevano da gambali: rallentavano la vestizione e con le basse temperature favorivano i congelamenti agli arti inferiori.
Ci si mise anche il tempo, un giugno che sembrava autunno, per il freddo e per le precipitazioni: pioggia e neve si alternarono per tutto l'inizio della campagna.
Le divisioni alpine Tridentina e Taurinense vennero impiegate tra il Col de la Seigne (Val Veny) e il Piccolo San Bernardo. Rigoni era portaordini, seguiva il colonnello Augusto Reteuna, un ufficiale piemontese molto severo ma giusto, con lampi di umanità. Il suo compito lo costringeva a muoversi da solo lungo tutto il fronte dei combattimenti ai confini occidentali della Val d'Aosta.
Rigoni fu il primo soldato italiano a entrare nella frazione di Le Mousselard e nel piccolo paese di Mont Valezan, in direzione dell'importante cittadina di Bourg-Saint- Maurice.
Sessant’anni dopo, il 14 settembre del 2001, sul passo del Piccolo San Bernardo un uomo con un impermeabile marrone sulle spalle cammina verso l'antico Ospizio sotto una strana nevicata fuori stagione: è Mario Rigoni Stern; dalle nuvole alle sue spalle avanzano lenti dei motociclisti. In una magnifica foto, scattatagli nell'occasione, spicca impressionante la somiglianza con una immagine di motociclisti  sotto il nevischio nel giugno del 1940.
Rigoni è stato invitato da Hervé Gaymard, presidente della Savoia e futuro ministro, nella cittadina di Bourg-Saint-Maurice, per un incontro con gli studenti e con alcuni intellettuali come la sua traduttrice Marie-Hélène Angelini, la giornalista Martine Laval e lo storico Gil Emprin.
Con loro Rigoni attraversa e rivede i piccoli paesi oltre il confine: Mont Valezan, La Rosière e Le Mousselard. Segue il filo della memoria e vecchie e nuove impressioni, ricordi di amicizie giovanili e di tragedie lontane. All'Ospizio beve un verre de l'amitié con Ovide Blanc, un coetaneo francese che aveva combattuto con gli chasseurs alpins nel giugno del 1940. A Le Mousselard riconosce una vecchia abitazione rurale dove nel '40 aveva raccolto una bandiera francese ed era rimasto colpito dallo sguardo impaurito di una donna alla finestra.
Alpini e chasseurs alpins erano compaesani, in gran parte nati e vissuti nelle valli e montagne delle Alpi, con analoghe conoscenze e attitudini. Fu davvero una guerra tra fratelli.
Pino Guzzonato ha deciso di illustrare questo Pulcinoelefante di penne nere, mostrandole mentre volano nel cielo del Vallone di Orgère, il luogo in cui gli allievi di ogni epoca della Scuola Militare Alpina hanno svolto le loro esercitazioni più impegnative, e che si trova proprio a un tiro di schioppo dal Piccolo San Bernardo. Oggi queste penne danno un senso di levità e di pace, sembrano sussurrare un accorato “mai più”.

Giuseppe Mendicino

 

 

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Mario Rigoni Stern
2005 Copyright Adriano Tomba / Valdagno