Prefazione alla seconda edizione
di Sandro Carrera

 

Nel 1993, quando venne dato per la prima volta alle stampe questo libro sul Gen. M.O. Franco Magnani, ero Capogruppo degli Alpini di Mede. Erano gli anni del nostro impegno affinché la splendida figura di Franco Magnani ricevesse un pubblico riconoscimento a Mede, sua terra d’origine e dimora delle sue spoglie.
Mede, al suo ritorno dalla guerra di Russia nel febbraio del 1954, dopo 11 anni di dura prigionia, non lo accolse con il dovuto onore: i grandi contrasti ideologici dell’epoca impedirono una lettura serena ed obiettiva della sua vicenda. Questo travaglio, che divise a lungo la cittadinanza di Mede e soprattutto la sua classe politica, si risolse solo all’inizio degli Anni ’90.
L’incarico di studiare la figura del Gen. Magnani venne affidato al Prof. Giuseppe Barba, allora Ordinario di Storia e Filosofia al Liceo Scientifico "A. Omodeo" di Mortara, su pressione del locale Gruppo Alpini, che dal 1984 (anno della sua costituzione) aveva iniziato un’incessante opera di convincimento,.
Il Prof. Barba profuse un grande impegno: effettuò approfondite ricerche storiche, consultò fonti e documenti, acquisì preziose testimonianze orali. Da questo lavoro uscì una relazione, che eliminò ogni dubbio che ancora potesse sussistere: non ci stancheremo mai di esprimere la nostra sentita gratitudine al Prof. Barba, a cui indirizziamo ancora oggi il più vivo ringraziamento: da quel momento tutto fu più facile, grazie anche all’intelligente opera dell’allora Sindaco Maurizio Donato. Le parole, da lui pronunciate il 29 febbraio 1992 durante la cerimonia del solenne giuramento del Battaglione Alpini "Mondovì", furono di grande rilevanza: con onestà chiese scusa perché a Franco Magnani, degno figlio di Mede, non era stato ancora reso il dovuto onore, riconoscendo che non si poteva più attendere.
Si giunse così alla giornata del 23 maggio 1993, in cui si intitolò il Largo "Gen. M.O. Franco Magnani": fu un gesto di alto significato, con il quale Mede intera riconobbe a Franco Magnani gli onori che legittimamente gli spettavano.
Degna cornice di quell’evento fu la pubblicazione del lavoro del prof. Barba: si ritenne che una ricerca di così grande valore dovesse essere portata a conoscenza di tutti.
Nacque così "Franco Magnani: un soldato tra due epoche".
Allora ci eravamo soffermati sull’epoca della guerra, mettendo in evidenza il soldato valoroso, l’italiano adamantino che affrontò ogni sofferenza per non tradire la Patria.
Negli anni successivi la nostra attenzione si è spostata sull’epoca della pace.
Nell’ultima parte del suo libro il Prof. Barba ha voluto riportare alcuni brani di una conversazione intercorsa tra Giulio Bedeschi, uno dei più noti scrittori di letteratura alpina, e Franco Magnani, che si trovava allora ricoverato in ospedale a Torino per gli esiti di un grave incidente stradale: Franco Magnani morirà improvvisamente alcuni giorni dopo, il 1° marzo 1965.
Le sue parole, la cui autenticità è stata attestata da Giulio Bedeschi in una lettera a me inviata il 15/1/1989 (e pubblicata nella prefazione del libro), hanno così assunto il significato di un testamento umano: il militare, che ha passato gran parte della sua vita a combattere, si scaglia contro la guerra ed invoca la rivoluzione della pace.
L’intera conversazione è stata riportata da Giulio Bedeschi nei suoi libri "La rivolta di Abele" (capitolo sesto) e "La mia erba è sul Don" (capitolo settimo): Franco Magnani, come riconosciuto dallo stesso Bedeschi, compare sotto il nome di Franco Massani.
Giulio Bedeschi, dopo aver descritto la sua esperienza di combattente in Grecia ed in Russia nei celebri "Centomila gavette di ghiaccio" (1963) e "Il peso dello zaino" (1966), in "La rivolta di Abele" (1972), “Nikolajewka c’ero anch’io” (1972) e "La mia erba è sul Don" (1984) ha rivissuto quegli anni, analizzando il rapporto uomo - guerra e sforzandosi di trovare sempre più ampie motivazioni a favore della pace.
Nel decidere dunque di dare nuovamente alla stampa il libro del Prof. Barba, si è pensato di inserire il testo integrale di quella conversazione, come compare nelle predette opere di Giulio Bedeschi.

La statura morale di Franco Magnani ne esce in tutta la sua grandezza: il perpetuarne la memoria diventa così un dovere ed un impegno.

 

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